Quando i nipoti crescono e diventano giovani adulti, molte nonne si trovano di fronte a un muro invisibile ma concreto: quello stesso bambino che correva ad abbracciarle ora risponde a monosillabi, evita lo sguardo e sembra vivere in un universo parallelo. Non si tratta di mancanza d’affetto, ma di una fase evolutiva complessa che richiede un ripensamento radicale delle modalità relazionali. La distanza che percepite non è necessariamente rifiuto: è spesso la manifestazione di un processo di individuazione che, paradossalmente, ha bisogno proprio della vostra presenza per completarsi.
Comprendere il silenzio: cosa accade nella mente dei giovani adulti
La fascia d’età tra i 18 e i 25 anni rappresenta un periodo di riorganizzazione neurologica e psicologica profonda. Gli studi sull’età adulta emergente dimostrano che i giovani attraversano una fase caratterizzata da instabilità identitaria, esplorazione intensa e focalizzazione sul sé. Questo non giustifica la distanza emotiva, ma la contestualizza: vostro nipote non condivide perché sta ancora cercando di comprendere chi è, cosa prova, dove vuole andare.
La ritrosia a confidarsi con i nonni ha radici anche nel timore del giudizio generazionale. I giovani adulti percepiscono, talvolta erroneamente, che le generazioni precedenti non possano comprendere le loro sfide contemporanee: l’incertezza lavorativa, la fluidità delle relazioni, la pressione dei social media, l’ansia climatica. Riconoscere questa percezione è il primo passo per superarla.
Ripensare le domande: dall’interrogatorio all’invito
Le domande classiche come “Come va l’università?”, “Hai trovato lavoro?”, “Quando ci presenti qualcuno?” per quanto mosse da genuino interesse, vengono percepite come fonte di pressione anziché di connessione. Questi quesiti toccano esattamente i punti di maggiore vulnerabilità e incertezza dei giovani adulti.
La chiave è trasformare le domande chiuse in aperture narrative. Invece di chiedere “Come va?”, provate con: “Qual è stata la cosa più assurda che ti è capitata questa settimana?” oppure “Cosa ti sta occupando la mente ultimamente?”. Queste formulazioni creano spazio per risposte autentiche senza imporre una direzione predeterminata alla conversazione. Raccontare di quando anche voi vi siete sentiti persi, di scelte difficili che avete affrontato, di come avete gestito il fallimento, elimina la percezione di perfezione generazionale che può risultare alienante.
La vulnerabilità come strumento di connessione
Uno degli errori più comuni è aspettare che siano i nipoti a confidarsi per primi. La ricerca sulla vulnerabilità ha dimostrato che l’apertura emotiva genera reciprocità. Condividere le vostre incertezze, paure e momenti di difficoltà, adattati alla situazione, crea un ambiente in cui anche loro possono sentirsi legittimati a farlo.
Non si tratta di rovesciare sui nipoti problemi inappropriati, ma di umanizzarsi. I giovani adulti hanno bisogno di modelli umani, non di icone inarrivabili. Quando raccontate episodi della vostra vita in cui avete dovuto affrontare cambiamenti, dubbi o fallimenti, create un ponte generazionale fatto di autenticità. Questa condivisione permette loro di vedervi non solo come figure di autorità, ma come persone che hanno attraversato le loro stesse tempeste emotive.
Creare rituali nuovi per una relazione matura
I rituali dell’infanzia, la merenda del giovedì o la lettura della fiaba, non funzionano più, ma il bisogno di ritualità rimane. Serve inventare nuove tradizioni adatte alla loro fase di vita e ai loro interessi. Alcune nonne hanno trovato connessione attraverso attività parallele piuttosto che frontali: cucinare insieme una ricetta complessa, fare una passeggiata senza meta precisa, frequentare insieme un corso o un evento culturale. Queste attività riducono la pressione del contatto visivo diretto e permettono alla conversazione di fluire più naturalmente.

Un messaggio vocale settimanale dove raccontate qualcosa di interessante che avete letto o visto, senza aspettarvi risposta immediata, può diventare un filo sottile ma costante. Condividere contenuti come articoli, podcast o video che pensate possano interessarli crea conversazioni asincrone, rispettando i loro ritmi. Proporre uscite basate sui loro interessi, un mercatino vintage, una mostra fotografica, un locale di musica dal vivo, dimostra che vi prendete la briga di conoscere davvero il loro mondo.
Il potere della presenza non invadente
Secondo la teoria dell’attaccamento anche in età adulta, le persone hanno bisogno di basi sicure a cui tornare nei momenti di difficoltà. Il vostro ruolo non è forzare la confidenza, ma garantire una disponibilità affidabile e prevedibile.
Questo significa comunicare esplicitamente, ma senza drammaticità, che siete presenti quando ne avranno bisogno. Una frase come “So che sei impegnato con mille cose, ma sappi che se mai avessi voglia di fare due chiacchiere, io sono sempre qui” crea uno spazio di accoglienza senza pressione. La differenza tra invadenza e presenza sta tutta nella capacità di offrire senza pretendere, di esserci senza occupare tutto lo spazio relazionale.
Accettare i tempi dell’altro
La differenza più significativa tra relazionarsi con bambini e con giovani adulti sta nel rispetto dei loro tempi emotivi. Se a otto anni vostro nipote elaborava un’emozione in pochi minuti, ora potrebbe impiegare settimane o mesi. La confidenza potrebbe arrivare in un momento totalmente inaspettato, magari mesi dopo aver posto una domanda apparentemente caduta nel vuoto.
I giovani adulti processano le relazioni con modalità diverse: potrebbero sembrare distanti per settimane e poi improvvisamente cercarvi per una conversazione profonda. Questa discontinuità non è mancanza di affetto ma riflette il loro stile relazionale contemporaneo, influenzato anche dalle modalità di comunicazione digitale. Seminare possibilità di connessione senza aspettarsi raccolti immediati richiede pazienza, ma è l’unica strategia che rispetta l’autonomia dell’altro.
La sfida più grande per una nonna che desidera ricostruire un dialogo autentico è rinunciare al controllo sul come e quando questo dialogo avverrà. La distanza attuale non è la fine della relazione, ma l’inizio di una sua trasformazione verso una forma più adulta e paritaria, dove il rispetto reciproco diventa il fondamento di un legame rinnovato e, forse, ancora più profondo di quello dell’infanzia.
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